[VWD_St.TROPEZ_2016 ] – Day 4 – Picchiami sulle bolle.

 

Round finale, ennesimo giro di boa, ultimo attimo di un’impegnativa avventura che ha tenuto anche noi col fiato sospeso ! e alla fine è successo che.. no dai, andiamo con ordine !

La mattinata è già subito tragica o meglio, lo è la nottata. Scrivere il post precedente ci è infatti costato molto: essere andati a letto alle 2:30 am, vista la giornata trascorsa, è un orario che risulta fatale al risveglio: alle 8:30 riusciamo a mala pena a passare dallo stadio larvale a quello di crisalidi ma la metamorfosi non è ancora completa e, per arrivare finalmente allo stadio adulto, passerà ancora una buona mezzora nella hall dell’hotel dove, di fronte ad una buona colazione, riusciamo a riprendere le prime facoltà psicomotorie e ad interagire con Aldo e Angela che ci fissano ormai tra lo stranito ed il disperato.

Le ingenti quantità di caffeina ingurgitate a tempo di record provocano dapprima degli spasmi involontari, in una seconda fase molto ravvicinata conati, nausea e sintomi da raffreddore e poi, circa quattro o cinque minuti più tardi, il risveglio dei primi neuroni i quali, guardandosi spaesati l’un gli altri ma consapevoli di ciò che li attende, si chiedono se non si meglio squagliarsela.
Fortuna per noi che la caffeina, armata di Bull Whip (Frusta alla Indiana Jones) , intervenga a sedare i più facinorosi, riportando ordine e disciplina nel nostro cervello.
Sono dunque le h9:00 ed è in questo momento che, presa di nuovo coscienza dell’io, capiamo che tutto ciò che abbiamo scritto nella notte va rivisto, corredato di foto e pubblicato ! Monopolizziamo la hall dell’hotel e corriamo ai ripari in una lotta contro il tempo in cui, armati di cavi, cavetti, scorciatoie da tastiera ed espedienti vari arricchiamo il post di tutti i necessari fronzoli e lo pubblichiamo; ma è tardi sul serio: h 10:35 e ancora più di 300 km ci separano dalla meta.
Considerate dunque le medie di percorrenza dei giorni precedenti, il meteo in netto peggioramento ovunque al Nord, i problemi di Vespa rossa e le leggi di Murphy beh, dire che “The shit hit the fan” probabilmente non rende l’idea.

( Per chi volesse approfondire l’argomento, può cercare il significato del detto inglese che qui, per comodità, riporteremo come da definizione di www.urbandictionary.com: ” Expression – A derivative of the original: “The excrement made physical contact with a hydro-electric powered oscillating air current distribution device”. Used primarily to describe a set of circumstances where events became inflamed to a point that control was lost. ” )

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Ora che avete ( o non avete ) idea di quanto tragica e preoccupante fosse la situazione di quel momento capirete perchè, a livello di sensazione, all’alba delle ore 11:00 am ancora in quel di Imperia, ci siamo sentiti come degli autolesionisti implorare del dolore fisico. Ci siamo immaginati che arrivare troppo tardi la sera, scrivere il blog ancora più tardi e doverlo aggiustare la mattina, sia una cosa molto stupida, un po’ come pregare un’altra persona di essere “picchiati sulle bolle”, magari quelle di una scottatura: perchè mai uno vorrebbe farlo ?!? Perchè mai chiedere una cosa del genere ?!? Ecco, appunto: una cavolata !
I buoni propositi a questo punto si sprecano, così come si sprecano altri 5 minuti a chi spara, appunto, il buon proposito più grosso. Uno dice: ” La prossima volta tappe di 200km al massimo ! “ e l’altro controbatte: ” Ma quali 200 ?! Al massimo 150 al giorno ! “ al che il primo non contento e sentendosi sopraffatto rilancia : ” 150 ? Si, ma con almeno un paio di giorni di riposo a metà tragitto ! “.
Il siparietto per fortuna si esaurisce in fretta quando l’ora tarda richiama nuovamente la nostra attenzione e siamo costretti a darci un taglio per finire di caricare le Vespe e ripartire.

A livello meteo veniamo graziati in ben più di un’occasione come se, un talismano, un amuleto o un fiore magico ci stiano proteggendo. Le nuvole sembrano diradarsi al nostro passaggio e per la maggior parte del tragitto splende deciso il sole !
Questo tipo di tappe, quelle in cui devi macinare molti chilometri di cui la maggior parte in pianura, sono in genere le più massacranti: tutto vibra, i denti vibrano nelle loro sedi ossee, gli organi interni vibrano, i reni danzano tra loro mentre lo stomaco improvvisa della salsa e merengue ed il duodeno si da al valzer; i muscoli vibrano, persino la pelle perde elasticità e finisce per vibrare, i peli fanno la “Ola” rispondendosi da un braccio all’altro, gli occhi vibrano nelle orbite organizzando tra loro una specie di competizione di “hula hoop”.
La cosa tragica tuttavia non è la vibrazione, cosa che già sarebbe sufficientemente fastidiosa di per sé, ma il fatto che questa perduri nelle ore successive alla fine della tappa. Riposarsi di tanto in tanto dunque, non aiuta ai fini del “concerto woodstocchiano” che va svolgendosi in tutto il nostro organismo e noi, consapevoli della cosa, cerchiamo di fare meno soste possibili per evitare inutili sprechi di tempo.

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Ecco dunque il segreto, ecco il modo in cui ci teniamo impegnati e facciamo passare le ore a bordo all’insetto: le natiche stringono la sella in un tenero abbraccio che ormai suggella il loro amore; mani, braccia e gambe rispondono a stimoli minimi ed ormai quasi automatici che riducano al minimo lo spreco di energia necessario ad eseguirli: se frenare alla rotonda successiva non sarà ritenuto strettamente necessario all’incolumità fisica, questo non verrà fatto; se il cambio marcia può essere eseguito senza l’ausilio della frizione, questa non sarà azionata; se per voltare è sufficiente inclinare il busto verso il lato della curva, questo sarà l’unico sforzo concesso e per ritornare in posizione eretta ci si dovrà affidare ad un colpo di acceleratore ed alla conseguente forza centrifuga.

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E’ in questo stato di cose che lenti ma inesorabili passano i chilometri e che noi, “sfatti”, guadagnamo ancora una volta l’uscio di casa.

Il bilancio finale sarà di 1123 km:

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Il temporale che abbiamo schivato ( o cercato di schivare per tutta la “vacanza” ) ha deciso che era più comodo aspettarci all’arrivo, come un bravo tifoso aspetta la fine della tappa del giro d’Italia, ed è così che anche lui ci saluta festoso, con qualche goccia, proprio a qualche chilometro dalla meta. Ma non importa, la volata va bene anche sotto l’acqua, Vespa rossa ha retto ancora una volta, il morale è tornato a crescere e con lui anche il legame e la voglia che ci spingono ogni volta a lanciarci in queste imprese.

Immaginateci allora così, bardati di tutto punto tra il chiaro scuro del temporale, passare scoppiettando fragorosamente tra le vie degli ultimi paesini e salutare con la mano tesa in un gesto ormai consueto, tutti coloro che ci vedono e si domandano chi diavolo ce l’abbia fatto fare.

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– Stay Tuned –

 

 

 

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